La mia procedura consta di diverse fasi che hanno tutte un proprio valore. Particolare attenzione, però, riservo alle prime fasi del percorso dopo il primo contatto, cioè la prima telefonata che potremmo definire di consulto. È in questa sezione del lavoro, infatti, che si ha la possibilità di entrare in contatto con il terapeuta e in un rapporto di cura costruito sulla fiducia. La fiducia si accresce con la conoscenza della persona del terapeuta, del suo metodo e in generale con la verifica che si sia trattato di un incontro che possa funzionare per l’inizio di una cura. Non bisogna mai sottovalutare l’importanza di questi passaggi quando si entra in contatto con un professionista al quale si parlerà della propria vita e al quale si chiederà aiuto per poter risolvere le proprie questioni.  L’investimento nella terapia è sostenuto dall’idea di aver intrapreso il giusto percorso e che la scelta fatta sarà utile. Questa è la prima verifica da fare e il consulto telefonico è il mezzo ideale. Lo è anche per un primo inquadramento del problema e cioè per essere aiutati a capire il tipo di malessere di cui si soffre e quali sono le possibili soluzioni.

Inizia qui quindi la prima sezione del mio intervento terapeutico che chiamo “costruzione della domanda”, durante la quale si possono inquadrare meglio quali siano le reali esigenze e il paziente ha la possibilità di formulare la richiesta più aderente alle sue necessità primarie, quelle del momento. Lo scopo è quello di passare dalla semplice e generica lamentazione (“sto male”) e dalla generica sensazione di malessere (ansia, sintomi depressivi, ecc.) all’individuazione del punto esatto su cui lavorare per tornare a riappropriarsi della vita.

La prima sezione è divisa dunque nei seguenti step

  • Contatto e consulto telefonico. Il tutto parte con una semplice telefonata. Si tratta di un primo momento di confronto, in cui si possono richiedere informazioni sul proprio malessere per avere indicazioni in proposito. Questa primissima fase è per me un impegno nell’orientare il paziente rispetto alle soluzioni o alle cure necessarie. Naturalmente non si tratta di una seduta telefonica, ma di un primo momento di conoscenza reciproca e di aiuto nell’inquadrare la propria sofferenza e capire come procedere. Le possibilità sono diverse a seconda delle necessità e della richiesta: presa in carico per una psicoterapia, una psicoanalisi o un breve percorso di sostegno (ciò dipende dalla serietà e dalla complessità della questione), invio ad un collega psichiatra per eventuale prescrizione di farmaci, breve percorso di consulenza, fine del rapporto. In questa fase naturalmente nulla è dovuto.
  • Seduta/sedute di consulenza: si tratta di incontri di persona effettuati in studio quando è necessario approfondire la questione. Ricordano le visite mediche, in quanto mi focalizzo sulla definizione dei contorni della sofferenza, approfondendo alcuni dettagli fondamentali con la raccolta anamnestica e di tutti i dati necessari per un primo inquadramento anche diagnostico. Se necessario si possono tenere più sedute o più incontri considerando un tempo massimo di 1 ora circa ciascuno circa.

Se il lamento riguarda sintomi o un disagio riconducibile a disturbi di una certa entità o se la richiesta è quella di capire esattamente quali siano le ragioni del non star bene si passa alla fase successiva. Se invece le questioni poste sono semplici e rimandano a una volontà di affrontare le sole questioni del presente (ad esempio difficoltà relazionali), gestione delle situazioni ansiogene o dolorose, il percorso si può anche esaurire qui dopo un certo numero di sedute necessarie che vanno stabilite a seconda della gravità e della compromissione di vita lamentata.

3) colloqui preliminari: è la prima vera e propria fase del percorso terapeutico ad orientamento analitico in cui si costruisce il rapporto terapeuta-paziente e ha avvio il transfert che è ciò che sostiene tutto il lavoro successivo. In questa fase cambia anche il rapporto del paziente con la parola che non è più solo un modo di raccontare ma di esprimere la propria verità e diventa un mezzo di cura, si passa dalla semplice lamentazione a parlare realmente di sé. Anche il numero dei colloqui preliminari non è fisso ma è definito dal passaggio alla fase successiva. Quando cioè il paziente riesce a farsi carico del suo malessere, inizia a comprenderne le ragioni (comincia ad individuare possibili connessioni, a intuire la posizione che occupa nella sua vita e nel rapporto con gli altri) e decide di occuparsene, accompagnato dal terapeuta che aiuta nell’analisi dei sintomi, nell’individuazione delle ripetizioni (cioè di quelle situazioni che sembrano tornare più volte nells storia di vita come rapporti d’amore falliti in maniera quasi identica, situazioni lavorative ugualmente stressanti, ecc.) e sostiene nelle associazioni.

4) Psicoterapia ad orientamento psicoanalitico: lo scopo è quello di trattare la causa della sofferenza, permettendo al sintomo di placarsi e di costruire un modo più sereno e proprio dello stare al mondo. L’attività è soprattutto quella di “separazione” di aiutare cioè a staccarsi dalle aspettative e dalle richieste altrui che risultano incatenanti per accedere ad un proprio modo di essere. Le sedute sono indicativamente settimanali o in caso di bisogno due volte a settimana. Riguardo i costi quando necessario ne ragiono assieme con il paziente per capire quali sono realisticamente le sue possibilità e venire incontro alle sue esigenze (rispettando il tariffario dell’Ordine degli Psicologi). Il diritto alla salute psichica per quanto mi riguarda è importante quanto quella fisica, quindi è necessario che tutti possano accedere alla psicoterapia.

5) Psicoanalisi: è il trattamento più approfondito e oggettivamente più impegnativo, ma anche quello più efficace a mio parere. L’utilizzo del lettino non è obbligatorio ma è ben predisponente perché permette al paziente quando è utile di liberarsi dello sguardo dell’altro per accedere con più libertà e pienezza alla propria parola. La cura psicoanalitica si basa infatti sulla regola delle libere associazioni, cioè dell’esprimersi in maniera non condizionata dicendo tutto ciò che si ha in mente. In questo modo si costruisce un proprio discorso che esprime ciò che si è, tenbendo conto dei limiti del linguaggio e della parola, e con il tempo ci si ritrova per quello che si è. È molto utile per quelle persone che oltre a lamentare sintomi o malessere hanno difficoltà nel capire chi sono veramente, si chiedono chi siano in realtà o si pongano la classica domanda “cosa ci faccio a questo mondo?”.

I tempi in questo caso si allungano. Questo perché si tratta di una forma di intervento molto precisa e dettagliata che agisce su tutti gli aspetti della vita, passati, presenti e di conseguenza futuri.